mercoledì 19 novembre 2014

L'angolo di Miki


Buongiorno bella gente!
Dopo diverse settimane (mesi?) torna finalmente l'angolo di Miki, in cui la mia adorata fuxio-socia ci parla di una sua lettura. Vi consiglio vivamente questa recensione, perchè il libro è di una nuovissima autrice italiana, e perchè dalle parole di Miki mi sono convinta anche io a leggerlo. 





In realtà, sul comodino, questo libro ci è stato poco e niente, perché una volta iniziato è stato difficile se non impossibile staccarmi da lui.
Vi ho già parlato di Mirya (QUI) e di quanto io ami letteralmente il suo modo di scrivere e le sue storie (e non sempre le due cose vanno di pari passo) ma mentre per "Di Carne e Di Carta" sapevo con cosa avevo a che fare, per "Trentatré" non ero assolutamente preparata. Ho letto qualche estratto sulla suapagina Facebook, ma spesso invece li ho ignorati perché non volevo rovinarmi la lettura.
Mi sono accorta della disponibilità del libro su Amazon quando era già uscito da più di qualche ora e si cominciavano a leggere qua e là già le prime reazioni... Una valle di lacrime. E visto che dove si piange ci sono io, mi sono buttata a capofitto in questo nuovo viaggio che mi ha trovata completamente disarmata e mi ha lasciata emotivamente sconvolta.




Trentatré sono i giorni che Dio Si impegna a trascorrere sulla terra, senza i Suoi poteri, prima che Suo Figlio acconsenta ad aiutarLo nell’Apocalisse. 
Trentatré sono i giorni di cui Grace dispone per persuadere quel vecchio pazzo convinto di essere Dio che il mondo non può e non deve finire. 
Trentatré sono i giorni in cui Michele deve affrontare i suoi demoni, per liberarsi del marchio di Caino e imparare di nuovo ad avere fiducia. 
Trentatré sono i giorni necessari a cambiare per sempre le vite del vecchio Giò, di Amir, di Juliette e di tutti coloro che ruotano attorno allo stesso locale. 
Perché la fortuna non è positiva né negativa, le cose migliori accadono per caso e il mondo è pieno di incastri. 


Non ho la più pallida idea di cosa dirvi. Trentatré è un libro di cui si potrebbe dire troppo con una parola e non dire nulla scrivendo pagine su pagine. E' un libro in cui ogni singola frase ti apre un mondo, ti fa riflettere, dubitare, arrabbiare, soffrire, gioire. E' un libro che dà voce ai tuoi pensieri e lo fa in quel modo perfetto con cui Mirya incastra le parole. E' un incastro, appunto, di quelli che non solo combaciano perfettamente ma reggono, nel tempo, nello spazio.
Trentatré è un libro che parla di Dio e, credetemi, è l'unico Dio in cui avrei potuto credere, e ci ho creduto, per tutta la durata della lettura. E per la prima volta ho creduto incondizionatamente, perché nei suoi confronti non ho mai provato risentimento, rabbia, delusione. Per la prima volta, dopo tantissimo tempo, in D. ho creduto nonostante non avesse tutte le risposte, nonostante non ne avesse quasi nessuna, di risposta, ma aveva tante domande ed in quelle domande mi sono ritrovata.
La potenza di Trentatré, secondo la mia miserrima opinione, sta nell'essere un libro adatto a chi crede, per la forte componente spirituale, e perfetto per chi invece non lo fa più, o non lo ha mai fatto. E questa è la potenza di Mirya, che come una perfetta equilibrista percorre un filo quasi invisibile mantenendosi in equilibrio tra sacro e profano. E non è la prima volta che lo fa... Se avete letto le sue storie, saprete benissimo come Dio sia spesso presente e spesso nominato... evocato. E, come dice Grace, mai invano...
Ma è un libro su Dio?
No. Trentatré è un libro che parla d'amore, di fiducia, di perdono, di delusione, di coraggio, di dolore e di tanto altro. Lo fa attraverso le spesse lenti rosa di Grace, attraverso il cinismo di Michele, attraverso il coraggio di Juliette, la disillusione di Amir, l'altruismo di Consuelo, l'amore di Sergio, la durezza del vecchio Giò e poi lo fa con la disarmante semplicità di Giò Giò, che con le sue esse strassicate offre le spiegazioni migliori di tutte quelle degli adulti messe insieme:


"Perché tu sei lo szio, Grace è tua, quindi è la szia".


E poi c'è D. Il collante che unisce tanti pezzi apparentemente senza incastro.

Se dovessi usare una parola per descrivere questo libro, direi epico. E l'ho trovato talmente grandioso, attuale, educativo, intenso, disarmante, utile, che mi fa rabbia il fatto che non sia esposto sugli scaffali delle librerie, in primo piano, che non se ne parli ai tg, nelle trasmissioni di attualità, che non abbia vinto un premio, avuto un riconoscimento o qualsiasi altra cosa che ne dimostri il valore oggettivo. E lo so che è passato pochissimo tempo (parliamo di ore) da quando è stato pubblicato, ma dovrebbe diffondersi a macchia d'olio, dovrebbero leggerlo tutti e aprire gli occhi e cominciare a farsi le domande senza cercare di voler dare ad ogni costo le risposte.

E dopo essermi ritrovata col Kindle in mano ed il viso rigato dalle lacrime, puntualmente arriva la stessa domanda: "come fa?".

Come fa Mirya a scrivere così. Come fa a dare un senso a tutto, a scegliere le parole ad una ad una a dare un senso profondo anche alla battuta apparentemente più insignificante...
Ho letto tanti libri, leggo da tanto tempo, eppure anche in quelli che ho amato di più, nei miei preferiti, c'è sempre un passaggio, un capitolo, un qualcosa di meno interessante, di più noioso, che magari si discosta dalla trama principale e che mi fa venire voglia di saltare le pagine per tornare al punto. Con lei non mi è mai successo. Mai. E' come se mi facesse provare una sorta di avidità letteraria per la quale non vorrei perdermi nulla. Non una frase, non una parola, non una virgola. Niente.
E vorrei essere brava come lei, con le parole, perché solo in questo modo potrei farvi capire davvero cos'è stato leggere Trentatré.
Spero comunque di avervi incuriositi e, se doveste leggerlo, vi prego di farmi sapere quanto lo avete amato.

Lo trovate QUI.

Alla prossima,



3 commenti:

  1. Sempre consigli interessanti! Come fate? :)
    Non conoscevo questo libro ma avevo sentito parlare, in maniera entusiasta di "Di carne e di carta", ma consultando FB spesso di fretta e dal telefono, la curiosità era scivolata via e non mi ero messa a cercare di chi fosse. Non sapevo che l'autrice fosse selfpublishing (da come ne parla chi ha letto i suoi libri sembrerebbe meritare qualcosina di più).
    Anyway, questo libro mi ricorda come incipit un libro che ho letto di recente, A volte ritorno, di Niven, però la sua ironia sembra sostituita da un significato più profondo.
    Forte del Kinder, credo che questa volta cercherò i suoi libri

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  2. ..e Trentatré(come minimo) sono i giorni che serviranno alla sottoscritta per riprendersi da questo libro. Bellissimo, e bellissima la recensione!

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