Buongiorno,
con una settimana di ritardo dovuta al periodo natalizio, siamo di nuovo qui con la nostra rubrica preferita "Ritratto di Signora".
Questo mese ho scritto io l'articolo, non so quanti di voi abbiano mai sentito parlare della "Strage del Salvemini"avvenuta venticinque anni fa in provincia di Bologna. Questo è il mio ricordo di quel giorno e delle persone che non sono più tornate a casa.
"Mi sembra strano ritrovarmi qui davanti ad un computer a
scrivere questo articolo.
In realtà è molto diverso dai soliti post che prepariamo per
la nostra rubrica, perché una volta tanto non vi parlerò di donne coraggiose o
da prendere come esempio, questo mese il ritratto è dedicato ad un gruppo di
ragazzine che donne non lo sono mai diventate.
Era il 6 Dicembre 1990 ed era una giornata come tante.
Quel giorno avevo l’interrogazione in Storia dell’Arte, il
che voleva dire che il pomeriggio precedente lo avevo passato sui libri per
preparami, perché con quella materia era così: studiavi tutto il giorno prima
senza sosta, ma alla fine il risultato era garantito.
In fin dei conti non era una brutta materia, e se riuscivi
ad incantare la professoressa con mille parole, alla fine il bel voto lo
portavi a casa.
E così fu. Un otto da raccontare alla mamma, un bel voto per
passare un pomeriggio tranquillo tra compiti e libri.
Quello doveva succedere una volta tornata a casa, ed invece
in pochi minuti tutto cambiò.
Al suonare della campanella cambiammo aula, e sulla porta
intravidi la professoressa di Filosofia che si asciugava le lacrime.
Bastarono poche e semplici parole per cambiare il corso di
quella giornata: un aereo militare era caduto accidentalmente su una scuola di
periferia.
In quella scuola, il Salvemini di Casalecchio di Reno (Bo),
c’erano centinaia di ragazzi, insegnanti, bidelli, persone che come tutti i
giorni si erano recati a scuola per compiere il proprio dovere.
In quella scuola, undici ragazze ed un ragazzo di quindici
anni persero la vita.
Quel che successe dopo l’impatto ve lo lascio immaginare.
Allora non avevamo internet, ma fin dal primo pomeriggio fummo bombardati dalle
immagini televisive.
Il fumo, le urla, ragazzi in jeans che piangevano disperati, e quel buco nel
muro della scuola così grande da non sembrare neanche reale.
Il 6 Dicembre 1990 furono spezzate dodici vite, dodici vite
che non poterono tornare a casa da scuola e raccontare la loro giornata,
spiegare di aver preso un bel voto, giocare con la fantasia e immaginare il
loro futuro.
A distanza di venticinque anni spesso mi capita di pensare a
loro, a quelle ragazze che donne non sono potute diventare.
Cosa avrebbero fatto oggi ormai quarantenni? Alcune di loro
sarebbero state madri, altre mogli, donne in carriera o casalinghe in lotta con
i conti che non tornano, i figli che ti fanno impazzire…
Ed invece guardo la loro foto, quella classica che in
primavera veniva scattata nel giardino della scuola. I visi sorridenti e
fiduciosi, le mani che si intrecciano a suggellare un’amicizia che forse durerà
tutta una vita.
Quelle ragazze eravamo noi. Noi con i nostri sogni, le
nostre prime delusioni d’amore, noi speranzose di fare qualcosa di grande e di
lasciare il segno in questa vita.
Dei giorni successivi all’incidente ho un vago ricordo,
perché le emozioni erano troppo grandi da gestire, perché una di quelle ragazze
la conoscevo, perché come spesso accade in questo paese fin tanto che il
cadavere è caldo bisogna sbatterlo in TV a tutti i costi, e la mia mente di
sedicenne era davvero troppo piena di confusione, rabbia e dolore.
Il giorno dei funerali tutti insieme chiedemmo una cosa: che
un incidente del genere non capitasse mai più. Stringevamo in mano i nostri
fiori bianchi, con una targhetta applicata su cui c’era scritta proprio quella
frase “Mai più”.
Mai più dolore, mai più incidenti assurdi (e ancora oggi senza un colpevole),
mai più scuole senza scale antincendio, ma più morti inutili.
Venticinque anni sono passati e purtroppo le cose non sono
cambiate molto, questo mio ritratto più che altro è per ricordare, perché qui
in Italia si dimentica troppo in fretta.
Per la foto si ringrazia "Beata Gioventù Bologna" |
Penso che quelle dodici anime sarebbero diventate delle
belle persone da grandi, questo è quello che mi piace credere.
Penso che questi ragazzi non debbano essere ricordati solo
una volta l’anno.
Penso che se c’è una giustizia, allora forse un giorno
qualcuno pagherà per questi morti.
Ma soprattutto penso a voi: Deborah, Laura, Sara, Laura,
Tiziana, Antonella, Alessandra, Dario, Elisabetta, Elena, Carmen e
Alessandra.. ovunque voi siate vivrete per sempre nel mio ricordo.
Come sempre potete trovare questo articolo su:
Grazie mille a tutti per l'attenzione.
Monica, Miki, Fede, Daniela, Francy e Jennifer.
Zia mia, ribadisco quanto ti ho già detto: splendido ritratto, toccante, profondo, doloroso, necessario.
RispondiEliminaDi queste cose bisognerebbe parlare sempre, per non dimenticare, per evitare che si ripetano, nella speranza che i responsabili paghino, almeno al cospetto delle loro coscienze.
Grazie Mikina mia! E' stato difficile scriverlo, ma sono contenta di esserci riuscita.
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