martedì 5 febbraio 2013

"L'angolo di Miki" - Il corpo Umano di P. Giordano

Buongiorno a tutti cari lettori. 

Questa mattina avevo intenzione di farvi sorridere con una recensione leggermente irriverente scritta a due mani con la mia amica Sara in merito al libro "L'isola dell'amore proibito", ma la mia piccola e adorata Miki mi ha scritto su FB "Zia .. ho scritto la recensione di "Il corpo umano" posso mandartela ?"

Essendo curiosa riguardo a questo libro che mi sta aspettando nel Kindle l'ho letta tutta d'un fiato e non posso attendere fino a domani per farvela leggere. 

Quindi la recensione di "L'isola dell'amore proibito" è spostata a domani e oggi lascio spazio a Miki e alle sue splendide parole. 


"Il corpo Umano" di Paolo Giordano



Scrivo questo post di getto. Ho appena spento il mio Kindle dopo aver terminato "Il corpo umano", divorato durante ore di insonnia e brevi minuti di pausa.
Non ho letto "La solitudine dei numeri primi" e non sapevo cosa aspettarmi dalla prosa di questo autore italiano, elogiato da alcuni e disprezzato da altri.
Non amo particolarmente la narrativa italiana e non c'è nessun autore, ad oggi, che mi abbia suscitato con le parole emozioni così forti da farmi desiderare di leggere altri suoi scritti. Sarò prevenuta, sicuramente, eppure leggere sulla copertina un nome italiano è per me un punto a sfavore del romanzo, anche se ha una bella trama, un' attraente copertina ed un prezzo accessibile. Nonostante ciò, la prima volta che ho visto questo libro, ha attirato da subito la mia attenzione. 

Pagine 309 - Prezzo Amazon € 16,15


Il volto del soldato, con il suo basco sul capo, che ai più sembra cadere floscio e scomposto, mentre è rigido e posizionato con precisione millimetrica, con la sua espressione a metà tra l'indifferente, il coraggioso ed il terrorizzato, e poi quelle braccia che lo avvolgono decise a non lasciarlo andare ma consapevoli di doverlo fare, consapevoli del dolore che quella lontananza provocherà e del pericolo che dovrà affrontare... Tutto questo mi ha come ipnotizzata. Ho letto la trama e deciso che sarebbe stato mio e che lo avrei letto nonostante sapevo che sarebbe stata una grande sofferenza.
E non mi sbagliavo. Ogni singola pagina del romanzo di Giordano mi ha scosso come una foglia al vento. Durante la lettura ho pianto e singhiozzato, ho tremato, sono rabbrividita, mi sono incazzata e, in generale, ho sofferto. Tanto.
Le sue parole sono talmente realistiche, talmente prive di ogni forzato abbruttimento, che sembra di essere lì, in Gulistan, nella provincia di Farah, Afghanistan occidentale, teatro reale della morte di uno dei nostri ragazzi, Michele Silvestri, ucciso da un colpo di mortaio, in quello che dai talebani è considerato una via di fuga importantissima, un corridoio indispensabile per il traffico di uomini, armi e oppio.
"La valle delle rose" eppure, così come viene descritto nel romanzo, non c'è nulla di poetico o floreale in una distesa sconfinata di sabbia e rocce, dove un ordigno rudimentale può nascondersi sotto ogni singola irregolarità del terreno.
Non c'è nulla di poetico nella fob, in cui si stabilisce il plotone denominato Charlie, ancora sabbia, circondata da mura, esposta impietosamente agli attacchi dei talebani.

E poi ci sono loro, i corpi, i ragazzi che per motivi diversi hanno intrapreso questa missione, noncuranti del pericolo oppure consapevoli ma coraggiosi o consapevoli e terrorizzati. Ragazzi che hanno lasciato in Italia famiglie, situazioni e sentimenti diversi. Ragazzi che avranno ripetuto allo sfinimento nella loro testa "sono solo sei mesi".

C'è il tenente Egitto, ufficiale medico, ortopedico, che partendo spera di allontanarsi dal dolore per quella famiglia ormai spezzata anni prima, che cerca di fare i conti con le sue paure a suon di psicofarmaci e che sente addosso tutta la mediocrità della sua vita da secondogenito.

C'è Ietri, che lascia una mamma già vedova, alla quale è molto legato, suo malgrado, e che parte quasi inconsapevole di ciò che lo aspetta, ma con un borsone pieno di aspettative e preservativi. Non vuole più essere "la verginella" e spera che da quella missione tornerà diverso.

C'è il maresciallo René, a capo della squadra, che parte con il macigno di dover prendere una decisione, con il peso di dover decidere della vita di un'altra persona, suo figlio, portato in grembo quasi per miracolo da Rosanna. Dilaniato dai sensi di colpa per una decisione che crede di aver preso e dalla responsabilità delle vite di quei ragazzi.

C'è Torsu, lo sfigato, quello costretto a letto dalla dissenteria e dalla febbre, il sardo che passa il tempo chattando con Tersicore89, la ragazza che non ha mai visto e verso la quale prova un interesse sempre maggiore.

C'è il caporalmaggiore scelto Cederna, uno dei personaggi che ho odiato di più nella mia vita da lettrice. Lui è l'egocentrico, l'egoista, colui che crede di essere Rambo e si atteggia e si equipaggia come tale. Colui che possiede le cose e le persone, compreso Ietri, con il quale instaura un rapporto di quasi asservimento, e Agnese, la sua fidanzata.

C'è il caporalmaggiore Mitrano, vittima costante delle angherie disumane di Cederna.

C'è Zampieri, con i suoi ricci biondi ed il seno prorompente, di cui Ietri si invaghisce sin dalla prima guardia insieme. Viene indicata come "la lesbica" perchè è un soldato e perchè secondo Cederna è brutta, nonostante le tette.

C'è il caporalmaggiore Camporesi, sposato e con un bimbo, Gabriele, che mostra evidenti problemi comportamentali per l'assenza del padre. Salvo è innamoratissimo di sua moglie e non perde occasione per dirglielo, nonostante lei soffra terribilmente per la sua lontananza e non perde occasione per rinfacciarglielo.

E poi c'è Di Salvo, che vede l'Afghanistan come un'enorme distesa di erba pura, con la quale si sballa fino alla perdita dei sensi.

Giordano traccia abilmente il ritratto di questi ragazzi, mostrandoli per come sono con pregi e difetti, descrivendoli nella straordinaria quotidianità di una missione che li cambierà per sempre, in bene e in male. 
Mi è piaciuto molto come l'autore utilizzi un linguaggio tecnico e specifico senza far sentire il lettore impreparato o fuori luogo, senza mai cadere in un eccessivo "militarese" (io poi ero avvantaggiata in realtà, considerando che quando non sapevo cosa fosse una cosa, lo chiedevo al mio fidanzato).
Nonostante non mi è sembrato che Giordano abbia voluto rincarare la dose, rendendo gli eventi narrati peggiori di quello che nella realtà possano essere, leggere questa storia mi ha provocato un profondo turbamento ed una sofferenza non indifferente.

Ho vissuto il dolore del distacco nel 2006, per poco, per fortuna; so cosa vuol dire slacciare le braccia da quel corpo e circondare il proprio nella speranza di vederlo ritornare. Giornate passate con la televisione accesa 24 ore su 24, nell'attesa dell'ora della telefonata o dell'ora di msn, in cui se la rete ci accompagnava, potevo vedere per pochi secondi il volto del mio fidanzato. L'insoddisfazione e la frustrazione di non potere avere notizie precise, di non sapere i reali spostamenti e di non conoscere l'effettivo pericolo. Domande che si limitavano a "come stai?", "hai mangiato?" e nella testa centinaia e centinai di punti interrogativi che rimanevano inespressi.

Leggere "Il corpo umano" mi ha fatto oltrepassare la linea e mi ha fatta ritrovare "dall'altra parte", senza preavviso, senza preparazione, disarmata. Ho camminato incerta e appesantita come un Lince su una distesa di sabbia che cela un campo minato.
Lacrime vere e lacrime di circostanza, famiglie distrutte, tricolore tetro sul mogano lucido, inno che risuona come una marcia funebre, medaglie mai appuntate, parole piene di nulla, comprensione inutile e cuori muti, spenti da rombi assordanti.


Consiglio questo libro a tutti, ma lo consiglio soprattutto a coloro che spesso chiamano questi ragazzi "mercenari" e che vedono nelle loro partenze solo un modo "facile" per guadagnare. Lo consiglio a chi dice "sapevano che sarebbero potuti morire" e non si rendono conto che sì, muoiono veramente e se non muoiono l'unica rendita sicura è il dolore, la paura, il sapore della sabbia.



Che posso dire oltre a quello che Miki ha già scritto così bene? Volevo leggere questo libro da diverso tempo e ora lo desidero ancora di più!
Grazie mille Mikina mia per questa recensione scritta con il cuore, mi ha commossa profondamente. 

E voi cosa ne pensate? Avete già letto questo libro? Lo leggerete?
Fateci sapere!
A presto
Monica e Miki
 

6 commenti:

  1. Grazie a te zia mia... E non dico altro perchè mi sono emozionata...

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  2. Devo dire che le parole di Miki mi hanno colpita, ma nonostante questo, la mia esperienza con 'La solitudine dei numeri primi' è stata così pessima che credo passerò ancora. Però magari mi predispongo ad un minimo di apertura.

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  3. La copertina di questo libro mi "chiama" ogni volta che lo vedo in libreria..bé, dopo una recensione così intensa penso proprio che ci farò un pensierino!:)

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  4. Però "La solitudine dei numeri primi" non sono riuscita a finirlo...
    C'è molto dolore nei libri di Giordano e sembra proprio che quest'ultimo non sia da meno.

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  5. Mamma mia, Miki! Complimenti :) Una splendida recensione!

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