Buon primo Lunedì del mese!
Quale appuntamento abbiamo oggi? Ovviamente quello con la nostra amata Rubrica "Ritratto di Signora"
Questo mese è la nostra Miki ad intrattenerci, con un ritratto (o per meglio dire più ritratti) simpatico e divertente, ma al tempo stesso attualissimo!
Buona Lettura
"In casa mia siamo sempre stati
tecnologicamente arretrati, tanto che il primo videoregistratore è arrivato
alla vigilia del debutto del lettore DVD. Ciò ha fatto in modo che mentre le
mie amiche e compagne di scuola guardavano incantate le versioni animate della
Disney, io mi “accontentavo” di leggere le fiabe che avevano come protagoniste
dolci, disarmate e sospiranti fanciulle. Ricordo chiaramente come già allora la
mia mente di bambina fosse più attratta e stimolata da protagoniste attive e
scaltre come ne “Il diavolo dal naso d’argento” di Italo Calvino, in cui la
fanciulla riesce, da sola, a liberare se stessa e le sue sorelle e fare ritorno
a casa, sconfiggendo il diavolo. Una sorta di Barbablù senza il solito intervento provvidenziale di altri uomini.
La adoravo! E sì, questo era il genere di letture che facevo da piccola.
Con gli anni poi, ho voluto
recuperare la mia lacuna, andando a
guardare tutti i capolavori Disney e arrivando alla conclusione che dal 1937,
anno di uscita di Biancaneve e i sette nani, ad oggi, la figura della
principessa è notevolmente cambiata, mostrando via via caratteristiche e
racchiudendo valori più in linea con il ruolo della donna nella società del
tempo.
Ho deciso di scrivere questo
particolare Ritratto, dopo aver visto, a distanza di breve tempo, The Brave e
Frozen ed essere rimasta letteralmente incantata da Merida ed Elsa. Ma prima di
parlare di loro, vorrei rapidamente spendere una parola su coloro che le hanno
precedute.
“Quando la regina si punse un dito, desiderò ardentemente una bambina
che avesse la pelle candida come la neve, le guance rosse come il sangue ed i
capelli neri come l’ebano.” Detto fatto! Alla faccia delle migliori tecniche
di ingegneria genetica! Biancaneve era bellissima. Orfana di madre, che muore
di parto, ma bellissima. Cresce, bellissima, nonostante le angherie di una
matrigna malvagia che la riduce ad una sguattera. Ma la piccola accetta di buon
grado, remissiva ed ubbidiente, ogni vessazione, cantando agli uccelli e
parlando agli animali, che nemmeno San Francesco. Ed è proprio la sua bellezza
la più grande minaccia per la regina e tale bellezza deve essere mortificata,
annientata. Sappiamo tutti come prosegue… Biancaneve si ritrova a fare da
sguattera ai sette nani. Bel cambiamento! E badate bene, si tratta di sette
piccoli e innocui uomini, altrimenti sarebbe stato sconveniente. Se di
Biancaneve si esalta solo la bellezza per tutta la durata del film, un motivo ci
sarà e probabilmente è perché non brilla per acume, ops, scusate, ingenuità,
lei è ingenua, talmente ingenua che accetta di buon grado la mela dalla prima
vecchina inquietante che si presenta alla finestra. Ma d’altronde, non aveva
avuto una mamma che le insegnasse di non accettare nulla dagli sconosciuti.
Biancaneve muore, o almeno così sembra, punita per aver dato un morso ad una
mela. Vi ricorda niente?
I nani sconvolti e addolorati al solo pensiero di doversi lavare nuovamente le mutande, la espongono all’interno di una teca di cristallo – inquietante - affinché la sua bellezza – aridaje – rimanga immutata nel tempo.
Ora, dal mio punto di vista, la cosa poteva anche finire qui, e invece no! Arriva lui, egli, isso, sul suo bianco destriero che con un bacio di vero amore – eh? – riporta alla vita la bellissima principessa e vissero felici e contenti.
I nani sconvolti e addolorati al solo pensiero di doversi lavare nuovamente le mutande, la espongono all’interno di una teca di cristallo – inquietante - affinché la sua bellezza – aridaje – rimanga immutata nel tempo.
Ora, dal mio punto di vista, la cosa poteva anche finire qui, e invece no! Arriva lui, egli, isso, sul suo bianco destriero che con un bacio di vero amore – eh? – riporta alla vita la bellissima principessa e vissero felici e contenti.
Passano gli anni, siamo al 1950,
e arriva Cenerentola sul grande schermo. Purtroppo le cose non cambiano poi
molto. In questo caso è anche peggio: di questa bellissima fanciulla non si
saprà mai nemmeno il nome, ma solo il nomignolo affibbiatole dalle brutte e
arcigne sorellastre. Cenerella è una creatura ultraterrena, diciamo anche un’
extraterrestre, che si sveglia all’alba con il sorriso sulle
labbra, ridacchia
deliziosamente quando gli uccellini le riversano una cascata di acqua fredda in
testa a mo’ di doccia e ha per migliori amici deliziosi topastri grigi per i
quali ha subito pronti minuscoli abitini su misura. Mentre le sorellastre
starnazzano e strimpellano davanti ad un esimio maestro di musica, Cenerella
lava il pavimento cantando come nemmeno Katia Ricciarelli. Quando arriva
l’invito per il ballo di Corte, in casa vi è grande fermento e tutte vogliono
andare a vedere il principe.
Si affaccia quindi la prospettiva
di rimanere in casa DA SOLA senza tre psicopatiche che le fanno svuotare il
vaso da notte (lo so, nel cartone la scena non c’è, ma fidatevi a quei tempi
era così!) e Cenerella che fa? Scappa? Ne approfitta per riposarsi in uno dei
morbidi letti? Ma assolutamente no! Anche lei DEVE andare al ballo a conoscere
il principe, che ovviamente rimane folgorato da tanta bellezza, talmente folgorato
che quando, scarpetta in mano, si presenta alla porta, non riconosce
assolutamente in quella sguattera dimessa la meravigliosa fanciulla con cui ha
ballato tutta la notte, no. Ma quando lei infila il piccolo e grazioso piedino
nella calzatura di cristallo (e questo la dice lunga anche sul peso di
Cenerella!), SBAM!, eccolo lì, l’amore vero… E vissero tutti felici e contenti,
con una punta di feticismo.
Poi c’è Aurora, 1959… Lei è la
mia “preferita”, un’eroina a tutti gli effetti, artefice del proprio destino.
Infatti che fa per tutto il film? Dorme!
Andiamo avanti…
La Sirenetta, 1989, è stato il
primo film Disney che ho visto da bambina e, ovviamente, l’ho amato. Quando
andavo a casa della mia amica Checca, ci piazzavamo davanti alla televisione,
lei compiva quella piccola e per me sconosciuta magia di inserire una cassetta
nella bocca del registratore e dare inizio all’incanto. Colori meravigliosi,
musiche coinvolgenti, personaggi divertenti e un principe che ci faceva
sospirare.
Ariel segna già una linea di demarcazione abbastanza netta; è una sirena adolescente, con tutte le inquietudini proprie dell’età: insoddisfazione, ribellione alla figura genitoriale (non esistevano le mamme nei cartoni Disney, facciamocene una ragione!), sensazione di inadeguatezza, voglia di scappare. Tutto ciò, per lei, si concretizza nell’avere le gambe e nel poter visitare il mondo umano. Ed è talmente grande la sua voglia di farlo che si innamora della prima statua che le capita davanti. Eric, in effetti, è perfetto: è belloccio, erede al trono, onesto, lavoratore e c’ha i cipiti in bella vista. Non ha un bianco destriero ma è affiancato da un grande e grosso pelosone slinguazzante che ci piace tanto.
E per la prima volta, udite udite, è lei a salvare lui, che rintronato e moribondo, invece di sputacchiare acqua e sabbia, rimane estasiato dalla bellezza e dalla voce di colei che lo ha riportato alla vita. Perché Ariel canta, e divinamente anche. Avevate qualche dubbio?
Per questo, quando Eric se la ritrova davanti, mezza nuda ma muta, non riconosce in lei la sua salvatrice. E da qui comincia forse la parte più bella del film, la storia di due persone che vogliono conoscersi, che cercano di capirsi e comunicare, ok tra grandi occhioni e ciglia che sbattono, ma sempre meglio del bacio del vero amore dato da uno sconosciuto con cui si passerà il resto della propria vita! Il vissero felici e contenti, insomma, è abbastanza guadagnato.
Ariel segna già una linea di demarcazione abbastanza netta; è una sirena adolescente, con tutte le inquietudini proprie dell’età: insoddisfazione, ribellione alla figura genitoriale (non esistevano le mamme nei cartoni Disney, facciamocene una ragione!), sensazione di inadeguatezza, voglia di scappare. Tutto ciò, per lei, si concretizza nell’avere le gambe e nel poter visitare il mondo umano. Ed è talmente grande la sua voglia di farlo che si innamora della prima statua che le capita davanti. Eric, in effetti, è perfetto: è belloccio, erede al trono, onesto, lavoratore e c’ha i cipiti in bella vista. Non ha un bianco destriero ma è affiancato da un grande e grosso pelosone slinguazzante che ci piace tanto.
E per la prima volta, udite udite, è lei a salvare lui, che rintronato e moribondo, invece di sputacchiare acqua e sabbia, rimane estasiato dalla bellezza e dalla voce di colei che lo ha riportato alla vita. Perché Ariel canta, e divinamente anche. Avevate qualche dubbio?
Per questo, quando Eric se la ritrova davanti, mezza nuda ma muta, non riconosce in lei la sua salvatrice. E da qui comincia forse la parte più bella del film, la storia di due persone che vogliono conoscersi, che cercano di capirsi e comunicare, ok tra grandi occhioni e ciglia che sbattono, ma sempre meglio del bacio del vero amore dato da uno sconosciuto con cui si passerà il resto della propria vita! Il vissero felici e contenti, insomma, è abbastanza guadagnato.
Nel 1991 vado al cinema per la
prima volta, con la scuola, a vedere La Bella e la Bestia. Mi commuovo solo al
ricordo. Entrai euforica e ne uscii estasiata. Da allora e per tantissimo
tempo, Belle è stata senza ombra di dubbio la mia principessa preferita e, in
generale, la storia raccontata è tra le più belle del mondo delle fiabe. Sì,
Belle è bella e canta e ha un certo feeling con gli animali, non è una
sguattera anche se si occupa amorevolmente dell’unico genitore che le è
rimasto. La mamma? No, ovviamente, lo strambo papà. Ma… lei legge!!!
Per la
prima volta si fa un qualche riferimento all’attività cerebrale femminile. Se
non è un traguardo questo. Ama i libri, ama le storie avventurose e si rifugia
tra le pagine per sfuggire alla monotona vita di un paesino di provincia che la
considera strana.
Ed è proprio il suo coraggio e la voglia di avventura che la
portano a sacrificarsi per salvare suo padre dalle grinfie di un’orrenda e
disumana bestia, che lei teme sì, ma che ha il coraggio di sfidare e
contraddire, dalla quale ha il coraggio di scappare. La sua curiosità, unita alla bontà d’animo
(beh, sempre di Disney si tratta) la spingono a non fermarsi all’apparenza ed a
cercare l’uomo nel mostro. Non voglio addentrarmi nella cosiddetta sindrome
della crocerossina e nella, spesso malsana, convinzione delle donne di poter
cambiare gli uomini, soprattutto quelli violenti, ma, volendo essere
eccessivamente critici, si potrebbe parlare anche di quello. Una cosa è certa,
la bestia è affascinata da Belle, dalla sua caparbietà, dalla sua franchezza;
cerca di compiacerla (le regala un’immensa biblioteca! No, parliamone…) e
comprende così profondamente il suo dolore che la lascia andare. Un atto
d’amore immenso e mai visto prima. Una delle scene che adoro è quando lei
stenta a riconoscere la sua bestia nel biondone tutto muscoli che le si
presenta davanti e se ne convince solo dopo averlo ritrovato nella bontà dei
suoi occhi. E vissero felici, contenti e innamorati.Davvero.
Da allora, le principesse Disney,
sono state sempre di più personaggi di spessore, con una personalità forte ed
una partecipazione attiva alla storia (probabilmente dovrei parlare
approfonditamente di Mulan, ma è il cartone che conosco di meno. Mea Culpa),
ma, fondamentalmente, l’amore tra un uomo ed una donna è sempre stato al centro
di ogni film.
Cosa cambia con The Brave e con
Frozen? La Disney finalmente rende protagonisti sentimenti mai approfonditi
prima e lo fa grazie ad eroine forti, determinate e indipendenti.
Merida si differenzia
notevolmente dalle altre principesse già solo per il suo aspetto fisico, che
non rientra assolutamente nei canoni delle bellezze Disney. Ha il volto
paffuto, gli occhi tondi, le vera
principessa e la grande sintonia con suo padre non fa che incoraggiare la
sua indole ribelle. Andare a cavallo, tirare con l’arco e ingozzarsi
sgraziatamente sono le sue attività preferite e per lei è una vera sofferenza anche
solo dover indossare abiti formali che la costringono e mortificano la sua
personalità. Potete immaginare la sua reazione quando viene annunciato un
torneo il cui vincitore potrà avere la sua mano. Contrariata è dire poco.
Merida è talmente incazzata che si presenta al torneo come partecipante:
lentiggini ed una massa di riccioli rossi,
indomabili e ribelli. Come lei. Non è aggraziata, non canta, non danza, non
suona uno strumento, non ricama egregiamente e non ha il minimo interesse ad
imparare tali arti. E’ indisciplinata ed in continuo contrasto con la madre.
Ebbene sì, dopo SETTANTASETTE anni, compare una mamma, con la quale Merida non
va assolutamente d’accordo. Lei è irriverente, ironica e iperattiva, mostra un
carattere che poco si addice ad una
“Io sono Merida, primogenita
discendente del clun Dun Rock e gareggerò per ottenere la mia mano!”
E la ottiene! Sbaragliando tutti
gli altri partecipanti e scatenando le ire della regina madre, con la quale ha uno
scontro violento che culmina con l’inevitabile scambio di frasi dettate dalla
rabbia e dal fatto che madre e figlia non si conoscono per niente. Ed è proprio
su questo rapporto che verte l’intero film, sulla mancanza di dialogo, sulla
convinzione di essere su posizioni diametralmente diverse e apparentemente
inconciliabili. Ed è solo quando le due donne sono costrette a stare insieme,
sono costrette a conoscersi e capirsi, che comprendono l’importanza che hanno
l’una per l’altra. Un film splendido, uno dei più belli tra i film Disney, un
film in cui finalmente l’amore, il principe ed il matrimonio non sono le uniche
possibilità per la protagonista di cambiare vita. E vissero felici e contenti?
Non lo so, ma una cosa è certa: vissero.
Probabilmente è stato il mio
grande desiderio di avere una sorella, magari al posto dei buzzurri
primogeniti, che mi ha fatto amare incondizionatamente Frozen, ultimo
capolavoro di casa Disney, ed Elsa, protagonista del film assieme ad Anna, sua
sorella, appunto.
Elsa è forse uno dei personaggi più tormentati, costretta a reprimere se stessa e la sua capacità di governare il ghiaccio fin da quando è una bambina e di vivere con il terrore di fare del male alle persone a cui vuole bene. Ciò la porta ad isolarsi e ad allontanarsi dalla sua amata sorella Anna, che non perde occasione di farle notare la distanza, soprattutto dopo la morte dei genitori (mbeh? Che volete? Dopo The Brave, in cui c’era sia una mamma che un papà, come minimo li dovevano accoppare entrambi. E difatti…). Elsa cresce sentendosi sbagliata, pericolosa, spaventata da quella che è la sua grande dote. E più la paura cresce, più tutto le sfugge letteralmente dalle mani. Ed è proprio per non fare del male e per non essere considerata un mostro che, esausta, scappa via, finalmente libera di essere se stessa:
Adoro questa sequenza e questa canzone. E’ il momento in cui Elsa realizza chi è veramente, capisce la portata dei suoi poteri e la capacità di realizzare cose belle, in sintonia con il freddo, con il ghiaccio e con la neve che tanto fanno parte di lei:
“The cold never bothered me anyway”
Ciò che continua a tormentarla è però la convinzione di non essere in grado di stare vicino alle persone senza fare loro del male, la convinzione che l’unico modo per essere se stessa è la solitudine:
Sarà l’amore a farle capire che
lei non è solo i suoi poteri; l’amore per sua sorella le rivelerà la sua
capacità di amare e di essere una persona migliore, per se stessa prima di
tutto.
Ora, ironia a parte, rimarrò
sempre affezionata alle principesse storiche e, quando capiterà l’occasione,
guarderò volentieri i capolavori che hanno segnato l’infanzia di tante bambine,
ma sono davvero contenta e soddisfatta dell’evoluzione di questi personaggi e,
se un giorno avrò una figlia, ma anche un figlio, preferirò senza ombra di
dubbio mostrare loro l’intelligenza di Belle, il coraggio di Mulan, la
determinazione di Tiara, la volontà di Rapunzel, la ribellione di Merida e
l’altruismo di
Elsa.
Miki
Che dire? Ringrazio Miki per questo meraviglioso viaggio, è stato bellissimo ripercorrere queste tappe insieme a lei.
Come sempre potete trovare il post sui seguenti blog:
Al prossimo mese.
Monica, Miki, Franci, Federica, Clara e Daniela
Un trattato bveramente bellissimo! Complimenti! :)
RispondiElimina*_* Concordo con te, Miki è stata bravissima :)
EliminaBellissimo post, davvero! E ovviamente non c'è neanche bisogno che lo dica: MERIDA! ♥ ♥ ♥
RispondiEliminaMa-che-meraviglia!!! Bellissimo ^^*O*^^
RispondiEliminaElsa è stupenda! Mi è venuta una grandissima voglia di rivederli tutti!!
(questa cosa dei genitori scomparsi è un chiodo fisso..ma anche nei cartoni animati, pensa a Pollyanna, ad Anna dai capelli rossi..)
Complimenti ancora a Miki per il suo bellissimo discorso che mi ha incantata!
Ma grazie *___*
RispondiEliminaSono contenta che il post vi piaccia e che abbia fatto riflettere anche solo un po', oltre a far venire la voglia di rivedere tutti i film!
Davvero stupenda questa analisi!!! *-* Più di qualche volta, riflettendo sul perchè non mi fossero mai piaciuti più di tanto "Biancaneve", "Cenerentola" e via dicendo, mentre ho sempre adorato "La bella e la bestia", "La sirenetta" e "Mulan" (assieme a "Il re leone" *-*) mi ero resa conto anch'io di questa evoluzione dei personaggi Disney ed ero giunta alla conclusione che le principesse tradizionali non mi piacessero proprio per questa loro passività e il bisogno di essere salvate, sempre valutate solo ed esclusivamente per la propria bellezza. Tu però, Miki, sei riusciata ad esprimere molto meglio ciò su cui avevo riflettuto anch'io!!xD
RispondiEliminaE ovviamente anch'io non ho potuto fare a meno di innamorarmi di Merida ed Elsa!! *-*
Siamo felicissime che questo post abbia avuto tanto successo *_* Questa rubrica spesso passa un po' in silenzio e riceve pochi commenti, mentre per noi è importante e ci teniamo davvero tanto.. grazie a tutti voi che avete lasciato un commento e di nuovo grazie a Miki per aver scritto questo post fantastico!
RispondiElimina